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Thursday, February 28, 2013

Il grande Geova viene sulla terra


Il grande Geova viene sulla terra
Chi è quest’uomo che noi adoria­mo?
(J. Reuben Clark Jr.)
Chi è questo Salvatore, quest’uo­mo che adoriamo?
Noi siamo por­tati a limitarLo e a pensare a Lui
più o meno come appartenente a noi, come al nostro
Salvatore senza peraltro saperne gran che.
Voglio cominciare il mio discorso leggendovi alcune parole
tratte dal Libro di Mosè, primo capitolo cominciando
dal versetto 32. Co­lui che parlava dichiarò di
esse­re "Il Signore Iddio Onnipotente, ed Infinito è il
mio nome … ed io le ho create colla parola del­la
mia potenza… ".
Mentre parlavano "faccia a fac­cia", il
Signore stava mostrando a Mosè la creazione fatta
dal Padre.
"Ed io le ho create colla parola della mia potenza,
che è il mio Unigenito Figliuolo, che è pieno
di grazia e di verità.
Ed io ho creato mondi innumerevo­li; e li ho pure
creati per il mio proprio scopo; e mediante il Figliuolo
li ho creati, mediante il mio Unigenito.
… Poiché ecco molti mondi sono passati per la
parola della mia potenza che è il Suo Unigenito
Figliuolo.
E molti esistono ora, e sono in­numerevoli per l’uomo;
ma tutte le cose sono annoverate da me, poiché esse
sono mie ed io le co­nosco…
Ed il Signore Iddio parlò a Mosè, dicendo:
I cieli sono molti e non possono essere contati dall’uomo;
ma io co­nosco il loro numero, poiché sono
miei.
E quando una terra passerà, con i suoi cieli,
così ne verrà un’altra; e non v’è fine
alcuna alle mie opere, né alle mie parole" (Mosè 1:2-3,
32-33, 35, 37-38).
Non era un principiante nella creazione
Colui che venne in principio, dopo il Grande Consiglio,
non era un novizio, né un dilet­tante, né uno
sprovveduto che si trova alle prime armi. In­sieme
ad altri Dèi, Egli cer­cò e trovò un
posto dove c’era "spazio" (perché così ci
dice la storia in Abrahamo). Poi, preso il materiale
trovato in questo "spazio" crearono questo
mondo.
Voglio proporvi due o tre cose. Spero però di
non confondervi troppo. Noi, in questa galas­sia
- e i cieli che noi ve­diamo sono la galassia cui
noi apparteniamo – possiamo vedere fino alla distanza
di un bilio­ne di anni luce. Un anno lu­ce è la
distanza che la luce, la quale viaggia in ragione di
297.000 chilometri al secondo, percorre in un anno.
Gli astro­nomi ci dicono che ora noi stando al centro
possiamo scru­tare nello spazio fino ad una distanza
di un bilione di anni luce. Dove ci muoviamo, come ci
muoviamo, a quale velocità andiamo, sono tutte
cose che non sappiamo. Se scrutate il firmamento non
lo vedete come esso è oggi; ma come era milio­ni
di anni fa quando la luce de­gli astri che noi osserviamo
cominciò il suo lunghissimo cammino per arrivare
fino a noi. Se la distanza è cento milioni di
anni luce, lo vediamo come era cento milioni di anni
fa.
La nostra galassia – forma e dimensione
Si dice che entro questo raggio ci sono cento milioni
di galas­sie uguali alla nostra. Si di­ce che
questa galassia in cui noi viviamo, in cui abbiamo la
nostra esistenza, ha un diame­tro di centomila anni
luce. Si dice che abbia la forma di una lenticchia, come
se unissimo le lenti di due orologi. Diecimila anni luce
se percorressimo la parte più spessa e ripeto
cento­mila anni luce se la attraversassimo tutta.
Oggi gli astronomi ammettono quello che prima non si
ammette­va, e cioè che possono esserci stati
molti mondi come il no­stro, e probabilmente c’erano.
Alcuni sostengono che in questa galassia c’erano forse
fin dal suo inizio un milione di mondi come il nostro.
"Ed io ho creati mondi innume­revoli … mediante
il mio Unigenito" (Mosè 1:33). Ripeto, no­stro
Signore non è un novizio, Egli non è un
dilettante; Egli ha cercato questi "spazi" innu­merevoli
volte.
E se pensate che questa nostra galassia racchiude in
sé fin dal principio e forse fino ad ora, un milione
di mondi, e moltipli­cate questo numero per il numero
di milioni di galassie, cento milioni di galassie, che
ci cir­condano, allora avrete un’idea di chi è quest’Uomo
che noi ado­riamo.
Lo scopo della nostra creazione
Egli era un membro della Divini­tà, cioè il
Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo, e come tale partecipò al
Grande Consiglio del Cielo, il quale decise che doveva
essere edificato un mondo in cui noi potevamo venire
come esseri mortali per operarvi la nostra salvezza.
Non posso fare a meno di pensare che un numero indicibile
di volte lo stesso scopo era presente nel Salvato­re
quando compiva la Sua opera di creazione dei mondi, come
fe­ce per noi. "Ed io ho creati mondi innumerevoli
… mediante il mio Unigenito". (Mosè 1:33).
Dal trono alla mangiatoia
In Palestina c’era una coppia di sposi, Giuseppe e Maria,
che vi­vevano a Nazaret, paese dal qua­le evidentemente
erano partiti per raggiungere Betlemme dove dovevano
pagare una tassa decre­tata dall’Imperatore romano.
Questo era lo scopo evidente. La donna, incinta, percorse
tut­ta quella strada sul dorso di un asino, sorvegliata
e protetta come una donna che stesse per generare una
mezza Divinità. Nes­sun altro uomo nella storia
di questo mondo ha mai avuto simili antenati – Dio Padre
da un lato, e la vergine Maria dall’altro.
Quando giunsero a Betlemme, come si ricorderà,
non riuscirono a trovare un alloggio essendo tutte le
locande occupate. Dopo tanto chiedere e tanto pregare
fu loro offerta una stalla per passarvi la notte. Qui
nacque Gesù. Egli, che proveniva di­rettamente
dal trono di Dio, dovette essere messo in una mangiatoia, "e
… discese pure al di sotto di tutte le cose, af­finché comprendesse
tutte le cose". Io provo molta simpatia per il povero
Giuseppe. Egli era il marito di Maria, ma non era il
padre del Figlio che essa stava per generare. Anni dopo
gli Ebrei lo canzonarono per questo fatto …
La situazione in Palestina
Gesù venne quando la situazione in Palestina era
caotica. Non si poteva davvero dire che fos­se un
posto di pace, d’amore e di fratellanza. Essa era il
co­vo di alcune delle passioni più terribili
che a quel tempo im­perversavano nel mondo, ed era­no
compagne inseparabili di co­loro che circondavano
il Salva­tore.
Ricorderete il Suo viaggio quando aveva dodici anni,
allor­ché indicò per la prima volta,
almeno per quanto poté capire Maria, chi Egli
fosse – e quan­do, dopo tre giorni di ricerca, alla
fine Lo trovarono intento a parlare con i sapienti della
nazione, e la madre Gli disse con tono di rimprovero: "Tuo
padre ed io…" (volendo dire Giuseppe, la qual
cosa sta a indicare che nella casa di Giu­seppe e
di Maria Egli rispettava i Suoi presunti genitori ­Giuseppe
e Maria – essa Gli disse: "Tuo padre ed io ti cer­cavamo,
stando in gran pena" (Luca 2:48). Ed Egli rispose
facendo quella grande rivelazio­ne: "Non sapevate
ch’io dovea trovarmi nella casa del Padre mio?".
Poi ritornò a Nazaret e dimorò con Giuseppe
e Maria aiutando il padre che era un falegname e figlio
di un falegname lasciò i Suoi genitori quando
si assun­se la Sua missione. Da allora in poi, quando
Egli compiva cose meravigliose, o dimostrava di aver
informazioni straordinarie e una grande conoscenza, la
gen­te diceva: "Non è questi il fi­gliuol
del falegname? Non è co­stui il falegname?" (Matteo
13: 55; Marco 6:3). Viveva in una casa modesta, il solo
uomo ve­nuto su questa terra mezzo-divi­no e
mezzo-mortale. Egli dimora­va in mezzo ai più umili,
li am­maestrava, compiva la Sua opera fra di loro.
Ripeto, Egli proseguì la Sua vita circondato giorno
dopo giorno dall’inimicizia che Lo avrebbe distrutto,
ma sfuggendo a tutti a causa della grande missione che
doveva compiere.
Confusione ebraica
Io posso capire, in un certo senso, le difficoltà che
avevano gli Ebrei, i quali classifica­vano i miracoli
del Salvatore della stessa specie di quelli che avevano
compiuto i loro pro­feti durante tutto il corso della
storia.
Gesù violò le leg­gi di gravità camminando
sulle acque, ed Eliseo aveva fatto galleggiare sull’acqua
un’ascia di ferro; Egli risuscitava i morti e lo stesso
aveva fatto l’antico Eliseo; Egli fece il miracolo dei
pani e dei pesci, e cose analoghe aveva fatto il profeta
Elia quando aveva sfa­mato cento persone con poche
cose e aveva dato l’olio alla vedova.
Gli Ebrei avevano vedu­to tutte queste grandiose
straordinarie manifestazioni, le conoscevano, e tuttavia
a­vevano difficoltà a ricono­scere che
in Gesù c’era qualco­sa di più grande
e trascendente.
Io ho riflettuto su alcuni di quei miracoli quali opera
di un Creatore, attestanti il Suo po­tere creativo,
e in particola­re alcuni che io chiamo miraco­li
creativi: la trasformazione dell’acqua in vino, per esempio.
Come deve essere stato semplice per una Divinità che
aveva crea­to gli universi tramutare l’acqua in vino
e dar da man­giare a cinquemila persone!
E spero che nessuno di voi si lascerà turbare
dai gretti ra­gionamenti secondo cui la folla si
sfamò mangiando quanto aveva portato con sé.
Questo Creato­re dell’universo, da cinque pa­ni
e due pesci ottenne tanto cibo da sfamare tutte quelle
per­sone. Al fine di far tacere le critiche che potrebbero
essere fatte, o di invalidare la spie­gazione secondo
la quale Egli li ipnotizzò tutti, ricordo che
la storia dice: "e si portaron via, dei pezzi avanzati,
dodici ceste piene". Di uguale importanza e statura
fu il successivo miraco­lo di Gesù che dette
da mangia­re a quattromila persone.
Altri miracoli dimostrano che E­gli dominava gli
elementi; penso alla notte in cui Egli dormiva sulla
prua della barca e si sca­tenò una grande
tempesta. Gli apostoli terrorizzati Lo sveglia­rono
ed Egli sedò la tempesta. E dopo aver dato da
mangiare alle cinquemila persone, quando gli apostoli
nel vederlo camminare sull’acqua, spaventati, Lo cre­dettero
uno spirito, si può qua­si sentirlo gridare
loro: "Son io; non temete!" Pietro chiese: "Comandami
di venir a te sulle acque".
Gesù rispose: "Vieni". Pietro usci dalla
barca e cominciò a camminare sull’acqua; ma poiché alla
vista delle on­de minacciose, il suo cuore e la sua
fede vennero meno, egli cominciò ad affondare.
Gesù te­se la mano e lo salvò rimprove­randolo
con queste parole: "O uomo di poca fede, perché hai
dubitato?" (Matteo 14:27-31).
Dominio del regno animale
Gesù aveva il dominio del regno animale. Ricorderete
la pe­sca miracolosa quando per la prima volta chiamò a
Sé Pietro, Giacomo e Giovanni. Essi erano stati
fuori tutta la notte a pescare, ma non avevano preso
niente. Gesù chiese loro di sa­lire sulla
loro barca per par­lare alla folla perché disco­sto
dalla riva poteva evitare che la moltitudine si accalcas­se
troppo intorno a Lui. (Luca 5:4).
Quando ebbe finito di parlare, disse: "Prendi il
largo, e calate le reti per pescare" (Luca 5:4).
Essi risposero dicendo che avevano pescato tutta la notte
senza prendere niente. Tuttavia essi obbediro­no
e calarono le reti e poco dopo si riempirono di pesci
tanto che si ruppero. Essi dovettero chiamare Giacomo
e Giovanni perché venissero con un’altra barca.
Pietro, quel grande Pietro, si inginocchiò davanti
al Salvatore dicendo: "Dipartiti da me, perché son
uomo peccatore" (Luca 5:8).
E in seguito vi fu un’altra esperienza analoga, sempre
sul­le rive della Galilea, dopo la risurrezione,
quando Pietro e gli altri erano andati a pesca­re
non sapendo che per loro c’era del lavoro da fare al
servizio del Signore. Essi avevano pescato tutta la notte
senza prendere nessun pesce.
Alle prime luci dell’alba, vide­ro un uomo sulla
riva; c’era un piccolo fuoco di brace. Dalla ri­va
si udì una voce che diceva: "Gettate la rete
dal lato destro della barca, e ne troverete". Es­si
lo fecero e la rete si riempi di pesci. Giovanni, probabilmente
memore della precedente esperien­za, disse: "E’
il Signore!".
Pietro, indossato il camiciotto (perché era nudo
e non voleva apparire così davanti al Signo­re),
si gettò in mare e nuotò fino a riva. E
là essi mangiarono e il Signore mangiò con
loro. Fu lì che Pietro ricevette l’or­dine "Pastura
le mie pecorelle". (Giovanni 21:6-17).
L’umile Gesù aveva così il domi­nio
della vita animale.
Il regno vegetale
Infine anche il regno vegetale passò sotto il
Suo dominio, per­ché Egli maledì l’albero
di fico sterile mentre vi passava accan­to. Alcuni
studiosi incontrano molta difficoltà nel capire
que­sto miracolo. A me sembra piut­tosto semplice,
forse troppo sem­plice. Ma da questo miracolo io
traggo il principio che colui che non fa le cose che
il suo Creatore lo ha messo in grado di fare, corre il
pericolo di essere rimproverato. Non si può essere
sterili con l’intelligen­za e i talenti datici da
Dio.
Come sono grandi per i mortali questi
e gli altri miracoli di Gesù! Ma come sono incompara­bilmente semplici
per l’Artefi­ce e il Distruttore degli uni­versi!
Metteremo ancora in dub­bio il potere di Gesù nel
com­piere l’opera che Egli eseguì sulla
terra?
Egli rivela la Sua identità
Egli cominciò molto presto nel­la Sua missione
a rivelare la Sua identità. Dopo la Pasqua, mentre
si dirigeva verso set­tentrione, Egli vide Nicodemo
al quale disse di essere il Cristo. Nicodemo non capì.
Egli viaggiò a nord finché non arrivò in
Samaria dove si fer­mò presso il pozzo di
Giacob­be. Qui Egli vide una donna (la donna di Samaria)
e le dis­se chi era. I Samaritani era­no odiati
dai Giudei e i Giu­dei erano odiati dai Samarita­ni.
Questa, io credo, fu la prima volta che Gesù nella
Sua missione disse di essere venu­to per tutti
gli uomini e non per la Casa d’Israele soltanto. Da
allora
in poi, di tanto in tanto, Egli diceva di essere il
Messia.
Una volta, mentre partecipava alla Festa dei Tabernacoli
nel tempio di Gerusalemme, fu fat­to oggetto di scherno
a causa dei Suoi antenati, stavano par­lando dei
loro antenati e loro erano i figli di Abrahamo! A un
certo punto della discussio­ne, avendo Gesù detto
di aver conosciuto Abrahamo, essi dis­sero: "Tu
non hai ancora cin­quant’anni e hai veduto Abra­hamo?" E
la Sua risposta fu: "Prima che Abrahamo fosse na­to,
io sono". Così Egli di­chiarò di
essere il Messia. (Giovanni 8:57-58).
Da allora, per tutta la Sua vita, giorno dopo giorno,
Egli proclamò le Sue verità.
La Sua grande missione
Egli aveva una grande missione da compiere, doveva
cioè di­struggere,
adempire – come E­gli disse – la Legge di Mosè.
Se volete sapere quello che dovette fare per annullare
le leggi che erano state date al­l’antica Israele,
leggete il Discorso della Montagna; legge­te il Discorso
della Pianura; leggete il discorso fatto in occasione
della seconda Pasqua; e vedrete quanto dovette incitare
e sollecitare e costrin­gere per fare accettare la
nuo­va legge.
Un esempio – Egli disse:
"Voi avete udito che fu detto: Non commettere adulterio.
Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per appetirla,
ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore".
(Matteo 5:27-28).
Questa era la nuova legge.
E così per migliaia di altre cose. I documenti
che ho men­zionato e qualche altro ancora sono i
documenti più rivolu­zionari di tutta la storia
del mondo. Essi segnano l’allontanamento dalla Legge
Mosaica, l’adempimento della medesima e la introduzione
e l’osservan­za della legge del Vangelo che Egli
restaurò.
Dalla croce al trono
Infine, all’ultimo processo Gesù, dopo essere
stato tradot­to davanti ad Annas, fu condot­to
da Caiafa, suocero di Annas. Caiafa era il sommo sacerdote
nominato dal governo romano. Annas era l’uomo che sotto
la legge di Mosè avrebbe dovuto essere il sommo
sacerdote. Du­rante il processo davanti al Sinedrio
e a Caiafa, questi disse: "Io ti ordino per il Dio
vivente, che tu ci dica se sei il Figlio di Dio".
E Marco ci dice che Egli rispose: "Sì, lo
sono". (Marco 14:61-62).
Ma il giorno dopo essi Lo pre­sero e Lo processarono
davanti a Pilato. Il povero Pilato, straziato a causa
della sua fiducia nell’innocenza di quel­l’Uomo,
cercò invano di libe­rarLo. Essi insistettero
per­ché Cristo morisse. E così al­la
fine Egli fu condannato e consegnato a loro.
Allora fu condotto sul Calva­rio ed Egli, un Dio,
un membro della Santa Trinità, falsamente accusato
di tradimento, fu cro­cifisso, in mezzo a due comuni
ladri. Un Padre, uno di Coloro che appartenevano alla
Divinità, venne sulla terra ed ebbe per culla
una mangiatoia; venne di­rettamente dal trono di
Dio e fu crocifisso fra due ladri come un criminale!
Risorto la mattina del terzo giorno, veduto da molti,
toccato da molti, Egli visse qui per quaranta giorni,
come se non volesse lasciare coloro in mezzo ai quali
era stato per così tanto tempo. Poi ritornò dalla
Triade Divina, riprese il Suo posto accanto al Padre
e fu di nuovo un membro della Divinità.
L’uomo che noi adoriamo
Questo è l’Uomo che noi adoriamo; questo è l’Uomo
che ci ha dato la legge che ci permetterà di adempiere
il nostro destino di­chiarato fin dal principio;
questo è l’Uomo che si sacri­ficò. "Ecco
l’Agnello di Dio", – fu dichiarato anticamente ­"immolato
fin dalla fondazione del mondo" (Mosè 7:47).
Egli morì per espiare i peccati di Adamo.
Nessuno di noi è nato più pove­ro di
Lui; nessuno di noi è morto in maniera più atroce
e umiliante. Ma questo Egli lo fece per noi tutti affinché quando
avessimo terminato la nostra carriera qui, e pagato la
pena che ciascuno di noi doveva pagare e passato attra­verso
la morte potessimo ri­suscitare e ritornare in pre­senza
di Colui che ci ha man­dati, buoni e cattivi in
egual misura.
Questo è l’uomo che noi ado­riamo – non un
uomo di alto grado, né un esperto delle cose del
mondo. Egli non è un uomo di potere, e tuttavia
una volta disse: "Credi tu forse ch’io non potrei
pregare il Padre mio che mi manderebbe in quest’istante
più di dodici legioni di angeli?" (Matteo
26:53).
Ma Egli ha invocato i Suoi poteri divini non per il
Suo egoistico bene, ma sempre per il bene degli altri,
per
tutta l’umanità. Egli si è sempre sacrificato,
ma ha sempre cercato di fare la volontà del Padre.
Egli ci ha ripetutamente detto che non faceva niente
che non avesse visto fare al Padre Suo, che non insegnava
nien­te che non avesse sentito insegnare dal Padre
Suo.
Il mistero di tutto questo va oltre la mia capacità di
comprensione. Io posso soltanto accettare la storia così com’è.
Questa storia mi dice che se obbedisco ai Suoi comandamenti,
se vivo co­me Lui vuole io viva, allora adempirò il
destino che Egli ha previsto per me. Tale destino è quello
della progres­sione eterna, un destino di una vita
in Sua presenza (per quanto la mia opera là lo
per­metterà), un destino che non conosce
limiti al potere che posso ricevere se io vivo per
esso.
Voglia il Signore che ognuno di noi decida di servirLo
e di osservare i Suoi comanda­menti. Piaccia a Lui
darci idee più chiare su di Sé, su chi
Egli era, sulla Sua grande saggezza ed esperienza e cono­scenza.
Disse Egli: "Io son la via, la luce, la verità e
la vita". (Vedere Giovanni 14:6 e Ether 4:12).
Questo lo disse moltissime volte. Allora essi non Gli
credettero e tutt’ora il mondo in generale non Gli
crede. Ma è nostro diritto, nostro dovere e nostro privile­gio
sapere queste verità e ren­derle parte della
nostra vita. (J. Reuben Clark Jr., Behold the Lamb
of God, Salt Lake City, Deseret Book Co., 1962, pagine
15-25).
Da quando il presidente Clark ha scritto questo articolo,
l’astronomia ha allargato no­tevolmente le sue conoscenze.
Si stima che la sfera di uni­verso conosciuto abbia
un dia­metro di sedici bilioni di anni luce e gli
astronomi credono che ci siano almeno dieci bi­lioni
di galassie. Vedi per esempio, Herbert Friedman, The
Amazing Universe, (Washing­ton D.C. : National
Geographie Society) , pag. 32) .

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